Letture n° 17

Letture n° 17

E' dato per certo che la scelta di esporre, il 29 aprile del 1945 in piazzale Loreto a Milano , i corpi fucilati di Mussolini, di Claretta Petacci e di una quindicina di gerarchi fascisti, non fu concordata con i vertici politico - militari della Resistenza. Scelta programmata dall'esecutore, Walter Audisio, della condanna a morte o decisione estemporanea come ebbe a sostenere Aldo Lampredi, altro comandante partigiano, i morti furono portati nello snodo nevralgico della rete viaria della città di allora a mo' di memoria. Appesi per i piedi, come in una nota figura dei Tarocchi, alla pensilina di un distributore di benzina abbandonato alla confluenza di corso Buenos Aires e via Andrea Doria, probabilmente per evitare lo scempio delle carni a causa della folla senza rinunciare alla macabra rappresentazione. Sputi, calci, anche qualche colpo di pistola. Il fotografo Christian Schiefer prese le immagini che finirono sul New York Times.

Qualcosa del genere era avvenuta nello stesso luogo quasi un anno prima, il 10 agosto 1944. Quindici antifascisti, prelevati dal carcere di San Vittore, furono scompostamente fucilati dai tristi legionari della Muti e lasciati per ore al pubblico ludribio. Ancora sputi, calci e colpi di pistola. E foto, che ebbero solo una circolazione meno mediatica. La strage fu decisa dai vertici militari tedeschi che, di fatto, avevano il governo della città con l'attiva partecipazione dei funzionari repubblichini. A mo' di rappresaglia per l'ennesimo attentato a danno di un camion tedesco, avvenuto un paio di giorni prima in viale Abruzzi, invero piuttosto improvvisato, compiuto, pare, dalla squadra Walter Perotti dei GAP. Il milite germanico alla guida rimase solo ferito e, nell'esplosione di un paio di bombe, persero la vita una decina di civili italiani.

L'alba della Repubblica prende luce da una pluralità di storie e memorie che, ancora oggi, rende improbabile un processo di unificazione tanto è marcato dal permanere delle differenze. Quando, qualche tempo fa, un assessore alla cultura della giunta milanese Albertini propose di ridenominare Loreto piazza della Concordia, fu a tutti chiaro il tentativo di parificazione delle due parti opposte della guerra civile in nome di una presunta riconciliazione.

Un libro collettaneo, appena uscito dal Mulino, Il nostro silenzio avrà una voce. Piazzale Loreto: fatti e memorie, con prefazione di Paolo Pezzino, presidente dell'Istituto nazionale Ferruccio Parri, e il contributo di Elisabetta Colombo, Anna Modena, Giovanni Scirocco, ha il pregio, da un lato, di ricostruire con precisione i fatti di viale Abruzzi e della rappresaglia di piazzale Loreto. Con materiali inediti che chiariscono definitivamente avvenimenti e responsabilità. Dall'altro, con l'ausilio di testimonianze di scrittori e artisti, dà conto di come sia stata pregante per le coscienze del dopoguerra la memoria dei quindici martiri antifascisti. E domanda, implicitamente, come sia potuto accadere che tale memoria abbia subito un processo di sostituzione sempre più predominante con quella dell'esposizione dei corpi di Mussolini, Petacci e degli altri gerarchi.  

Ricordando il brano di una canzone militante degli anni '70: "...il taglio di una pianta non è completo/finché le radici restano sotto terra".